Silicon PhotoMultiplier (SiPM)

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La tecnologia dei fotomoltiplicatori al silicio SiPM si basa sull’impiego di fotodiodi SPAD, ciascuno dei quali connessi con il proprio circuito di quenching integrato, e montati su un substrato di Silicio comune (Fig 1). Sono matrici planari di singoli fotodiodi a valanga in modalità Geiger: la densità superficiale di tali elementi può variare nel range 100 ÷ 10000 mm−2. I pixel che compongono la matrice sono identici in forma, dimensione e caratteristiche costruttive: questi sono collegati in parallelo e operano su un carico comune. Ciascuno SPAD della matrice è dotato di un resistore di quenching integrato RB, come mostrato nello schema circuitale di Fig. 2

 

Questo non solo interrompe l’effetto valanga abbassando la tensione di polarizzazione inversa, ma permette anche un disaccoppiamento elettrico fra i vari pixel permettendo loro di operare come se fossero indipendenti nonostante carico e alimentazione siano comuni. L’uscita è comune a tutti i pixel ed è pari alla somma dei segnali dei singoli SPAD: se tutti i pixel sono uguali allora i segnali che emettono al passaggio di un fotone saranno identici, quindi valutando il segnale totale sarà possibile risalire al numero di pixel accesi e quindi al numero di fotoni incidenti. Il SiPM si comporta come un dispositivo digitale quando è considerato come singolo SPAD e come un dispositivo analogico quando si sommano i segnali dei singoli SPAD. Per avere una migliore linearità tra i fotoni incidenti e i pixel accesi e quindi migliorare le prestazioni di un SiPM è necessario ridurre il più possibile le dimensioni dei singoli SPAD. Il singolo SPAD non è in grado di distinguere il numero di fotoni incidenti ma solo il passaggio o meno di questi, per determinare l’intensità del fascio incidente è quindi necessario che ad ogni pixel acceso corrisponda un solo fotone: in questo modo è possibile determinare il numero di fotoni incidenti sul SiPM. Il collegamento in parallelo e l’alimentazione comune comportano la semplicità costruttiva che caratterizza tale dispositivi.

 

Caratteristiche dei SiPM

Guadagno

Il guadagno di un SiPM è definito come il rapporto tra la carica totale Qpixel che attraversa la giunzione dello SPAD quando è rivelato un fotone e la carica elementare q = 1.6 · 10−19C, questo se si considera un singolo pixel; valori tipici di guadagno sono dell’ordine di 105 − 107.

Dove Vbr è la tensione di breakdown del diodo, Vpol è la tensione di polarizzazione inversa e Cpixel è la capacita dovuta a parametri intrinseci del singolo pixel. Dalla formula 1, è evidente la dipendenza del guadagno dalla tensione di breakdown e dalla capacità associata alla microcella, quindi dalle caratteristiche costruttive del dispositivo; queste grandezze sono variabili tra i pixel perché sono facilmente influenzabili da parametri, quali la temperatura, o dal tipo di contatto ohmico che si crea in ogni singolo pixel, il quale può aggiungere ulteriori effetti capacitivi. Per avere un’accurata conoscenza del segnale in uscita dal SiPM è necessario che il guadagno di tutti i pixel sia uniforme. Quindi si può agire su dei parametri esterni per poter raggiungere maggiore uniformità: la tensione di alimentazione Vpol e le dimensioni dei pixel, le quali influiscono notevolmente sugli effetti capacitivi; aumentando tali parametri si può aumentare il guadagno e viceversa. Dato il segnale in uscita la carica totale è ottenibile integrando il segnale di tensione tra gli estremi di tempo in cui è individuato e dividendo per la resistenza di carico, comune a tutti i pixel:

Dalla conoscenza della carica totale e di quella emessa da un singolo pixel, si può ricavare il numero totale di pixel accesi, nell’ipotesi che la carica sia uniforme.

 

Efficienza quantica di rivelazione dei fotoni

L’efficienza di rivelazioe dei fotoni (PDE, Photon Detection Efficiency) indica la frazione di fotoni incidenti rivelati dal SiPM e quindi esprime la capacità del dispositivo di rivelare fotoni. Questa quantità è data dal prodotto:

L’efficienza quantica QE è definita come il numero medio di coppie elettroni-lacuna creato dalla conversione di un fotone incidente nella depletion region del semiconduttore. Per un fotone di energia dell’ordine del gap energetico dei semiconduttori (∼ 1.1 eV per il Silicio), l’efficienza quantica è unitaria e aumenta all’aumentare dell’energia del fotone incidente: fotoni con energie superiori a 3.6 eV per il Silicio sono in grado di ionizzare per impatto e fare aumentare così la QE. Essa puo essere definita:

 

Il fattore R corrisponde al coefficiente di riflessione per il sistema aria-ossido-silicio: da ciò si deduce che 1-R rappresenta il coefficiente di trasmissione per lo stesso sistema, ossia la probabilità che un fotone attraversi la superficie senza essere riflesso. Ad esponente compare il coefficiente di assorbimento del silicio α, funzione della lunghezza d’onda del fotone, che moltiplica lo spessore w dello strato di ossido e di silicio prima della depletion region. Nell’ultimo termine il coefficiente di assorbimento moltiplica lo spessore W della regione di svuotamento. L’utilizzo di rivestimenti antiriflettenti sulla superficie di incidenza del fotone permette di abbassare il valore del coefficiente di riflessione, aumentando così l’efficienza di rivelazione; nel caso dei SiPM l’efficienza quantica è massima per lunghezze d’onda della luce blu/verde. Si può aumentare la frazione di fotoni assorbiti nella regione di svuotamento, per generare valanghe di portatori, riducendo lo spessore dello strato di ossido e silicio fortemente drogato p su cui incidono i fotoni e aumentando lo spessore della stessa (usando ad esempio fotodiodi di tipo p-i-n). Il secondo fattore ϵGEO è definito fattore geometrico o fill factor e corrisponde al rapporto tra l’area fotosensibile e l’area totale del SiPM:

Generalmente tale valore rientra nel range 0.3 ÷ 0.6 e dipende in gran parte dall’applicazione del dispositivo: una regola generale è che il fattore geometrico è maggiore per SiPM caratterizzati da singoli pixel di dimensioni maggiori, mentre è minore per pixel di piccole dimensioni. Questo è dovuto al fatto che un maggior numero di pixel richiede una maggior porzione di spazio occupato da trincee ottiche tra i singoli fotodiodi, dalle resistenze di quenching e dalle piste di metallo. Inoltre all’aumentare del numero di pixel in un SiPM tipicamente peggiora la linearità del segnale, aumenta la rumorosità e peggiora il tempo di recupero in quanto la carica accumulata è maggiore: questi problemi portano alla necessità di trovare un buon compromesso per le dimensioni dei singoli pixel. Il termine BD equivale alla probabilità che un fotoelettrone inneschi l’effetto valanga producendo così il segnale aspettato, infatti tale fattore è anche definito probabilità di trigger. Questo dipende sia dall’overvoltage che dalla lunghezza d’onda del fotone incidente: la probabilità finale dipende sia dalla probabilità di trigger del fotoelettrone sia da quella della fotolacuna. Una buona efficienza di rivelazione si può ottenere soltanto quando il fotone incidente è assorbito nella regione di svuotamento della giunzione; attualmente l’efficienza di rivelazione dei fotoni è di circa il 24% per luce di lunghezza d’onda tra i 450 nm e i 550 nm, ovvero luce blu/verde.

 

Dark count rate

La principale fonte di rumore dei SiPM è dovuta alla generazione termica di coppie elettrone-lacuna nella depletion region che possono generare valanghe di portatori. Dal momento che questo tipo di segnale è di natura termica, è possibile osservarlo in assenza di fascio di fotoni. Per tale motivo il loro conteggio nell’unità di tempo è denominata dark count rate. Il fenomeno fisico alla base di tale rumore è lo stesso che causa la presenza della corrente di saturazione inversa in un diodo polarizzato inversamente: le fluttuazioni di energia termica permettono ad alcuni elettroni di saltare nella banda di conduzione formando così coppie elettrone-lacuna. Per la conservazione dell’energia e della quantità di moto un salto diretto tra la banda di valenza e la banda di conduzione è molto raro in materiali come il silicio, motivo per cui tale processo è meglio descritto dalla teoria SRH (Shockley-Read-Hall) illustrata schematicamente in Fig. 3. Secondo questa teoria le impurità del cristallo di silicio, le sue imperfezioni strutturali e l’azione di radiazioni energetiche comportano la presenza di un livello energetico intermedio tra le due bande, definito centro di generazione - ricombinazione (G-R). L’elettrone nella banda di valenza salta nel centro G-R che agisce come una trappola in grado di assorbirne l’energia e la quantità di moto: da questo step intermedio l’elettrone può saltare più facilmente nella banda di conduzione. Questi centri di ricombinazione dei SiPM sono uno dei principali problemi nel loro utilizzo e deve essere ridotto migliorando le tecniche di costruzione al fine di ottenere reticoli cristallini privi di imperfezioni e di impurità. Oltre alla presenza di impurità, anche la temperatura ricopre un ruolo fondamentale nel dark count rate, come si può dedurre dalla legge di Shokley-Read-Hall. Il dark count rate dei SiPM diminuisce con la temperatura, variando da pochi MHz/mm2 (a temperatura ambiente) fino a ∼ 1 kHz/mm2 a 100 K. Per questo motivo, un ottimo modo per ridurre al minimo il rumore termico consiste nell’abbassare la temperatura dei rivelatori con opportuni sistemi di refrigerazione.

Cross talk

Il cross talk è un disturbo caratteristico di tutti i dispositivi a matrice. Esso si presenta quando due o più pixel interferiscono tra loro e può essere sia di natura ottica (cross talk ottico) che di natura elettronica (cross talk elettronico).

  • Cross talk ottico Quando si verifica una valanga, gli elettroni possono emettere fotoni per bremsstrahlung, in quanto cariche accelerate. Questi fotoni emessi sono in genere nella regione del vicino infrarosso e possono muoversi all’interno del dispositivo dando eventualmente luogo ad ulteriori moltiplicazioni a valanga, come mostrato in figura 4. Questo fenomeno si verifica in concomitanza con l’arrivo del segnale, creando in uscita un segnale corrispondente a più fotoni invece che quello di un singolo fotone incidente. Il cross talk ottico è funzione dell’overvoltage del SiPM e della distanza tra microcelle vicine.
  • Cross talk elettronico Il cross talk elettronico si verifica quando i portatori, generati durante il processo a valanga in una microcella, diffondono attraverso la regione epitassiale di tipo p+, comune a tutte le microcelle del SiPM. In questo modo essi possono essere assorbiti da pixel vicini ed innescare nuove valanghe, dando luogo a segnali in uscita indipendenti dai fotoni incidenti. Questo fenomeno è raro dal momento che la presenza di intensi campi elettrici all’interno dei singoli fotodiodi sfavorisce spostamenti laterali verso altri pixel. Tuttavia la sensibilità degli SPAD a piccolissime quantità di corrente (∼ 10−15A) e ad una bassissima intensità di luce rende questo rumore non trascurabile.

 

Il fenomeno di cross talk può essere ridotto aumentando la distanza tra le zone attive di due pixel adiacenti o isolando le microcelle tramite l’inserimento di trincee (Fig 5), in grado di assorbire fotoni ed elettroni che potrebbero interferire con gli SPAD circostanti, riempite di ossido tra un pixel e l’altro. La seconda soluzione è preferibile perchè, aumentando il pitch, peggiora l’efficienza di rivelazione dato che diminuire il fattore geometrico.

Afterpulsing

Il fenomeno di afterpulsing è dovuto al rilascio, in un intervallo di tempo successivo al segnale, di elettroni, prodotti nelle moltiplicazioni a valanga, che erano rimasti intrappolati all’interno della regione attiva a causa di difetti strutturali. L’intervallo di tempo di rilascio può variare da pochi nanosecondi a parecchi microsecondi, come si può vedere in figura 6. Se l’emissione della carica avviene durante il tempo di hold-off non viene osservato alcun segnale: il campo elettrico presente nello SPAD in questo periodo di tempo non è sufficientemente intenso da generare una valanga di portatori. Nel caso in cui invece l’emissione avvenga in un tempo successivo al tempo di hold-off allora si osserva un segnale "spurio", cioè non riconducibile ad alcun fotone incidente. Questo fenomeno può incidere fortemente sul dark count rate. Si può diminuire l’intervallo di tempo tra intrappolamento del portatore e sua liberazione diminuendo la temperatura, c’è infatti dipendenza della probabilità di afterpulsing sia dalla temperatura che dall’overvoltage. Aumentando la tensione di alimentazione, invece, si aumenta il numero di coppie elettrone-lacuna prodotte per singolo fotoelettrone a cui corrisponde una aumento del numero di cariche intrappolate. Aumentando il tempo di hold-off si diminuisce il contributo al rumore dell’afterpulsing: in questo modo è minore la probabilità che un portatore intrappolato generi segnale. Tale soluzione limita però la frequenza massima a cui può lavorare un SiPM.

 


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